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P. Luca Trombetta, Le religioni dei migranti. Appunti per uno studio sociologico

Le religioni dei migranti assumono, nell’immigrazione, forme nuove frutto di reinterpretazioni delle dottrine, dei simboli, delle devozioni e dell’organizzazione. Queste trasformazioni fanno delle religioni dei migranti luoghi privilegiati degli aggiustamenti cognitivi e comportamentali necessari all’adattamento alla società ospitante. In questo intervento si illustrano alcune di queste trasformazioni a partire da ricerche condotte presso alcune comunità immigrate e si mette in luce il ruolo svolto dal pentecostalismo nei processi d’integrazione.

P. Luca Trombetta, The Religions of Immigrants. Notes for a Sociological Study

In immigration, migrants’ religions take on new forms which are a consequence of the reinterpretation of the doctrines, symbols, devotion and organization. Thanks to these transformations, religions play a privileged part in the cognitive and behavioural adjustments which are necessary for adapting to the society of the new country. Some of these transformations are illustrated in this article, starting from a research carried out in some communities of immigrants, highlighting the role played by Pentecostalism in the integration processes.

P. Naso, L’immigrazione evangelica in Italia

Negli ultimi decenni, in Italia si è consolidata la presenza di oltre duecento- mila immigrati di fede evangelica che, insieme a musulmani e ortodossi, contribuiscono a ridefinire il profilo religioso dell’Italia. Di fronte a questo fenomeno alcune denominazioni evangeliche hanno incoraggiato la nascita di chiese “etniche”, mentre altre – in particolare quelle aderenti alla Federazione delle chiese evangeliche in Italia – si sono impegnate a promuovere comunità multietniche e interculturali. Anche all’interno delle chiese evangeliche si gioca quindi una partita importante sul piano dell’integrazione e dell’inclusione che meriterebbe più attenzione da parte delle istituzioni e degli operatori sociali.

P. Naso, Protestant Immigration in Italy

In the last few decades, over two hundred thousand immigrants of evangelical faith have settled in Italy who, together with Moslem and Orthodox immi- grants, contribute to redefining the religious profile of the country. This phenomenon has encouraged some evangelical denominations to create “ethnic” churches whereas others – mainly the churches which belong to the Federation of Evangelical Churches in Italy – have committed themselves to the promotion of multi-ethnic and intercultural congregations. Therefore, evangelical churches play an important role vis-à-vis integration and inclusion, and this should receive more attention from public bodies and social workers.

G.G. Ennin, Una visione africana del mondo. Alcuni approfondimenti sociali, religiosi e culturali

Questo articolo esamina in breve alcuni aspetti della cosmologia sociale e religioso-culturale dell’Africa, ed esamina l’influsso che questi concetti africani del mondo hanno sugli immigranti africani nel loro modo di rispondere alle sfi- de che devono affrontare nelle varie circostanze e realtà nel contesto della loro diaspora in Europa. L’articolo cerca anche di offrire alla chiesa europea alcuni approfondimenti missionari utili per il suo impegno con gli africani, sia all’interno sia all’esterno della comunità ecclesiastica.

G.G. Ennin, Some Missiological Insights into Aspects of African Social and Religious-Cultural Worldviews

This article takes a brief look at some aspects of African social and religio-cultural cosmology, and how these African world views impact African immigrants in their response to the diverse challenging circumstances and realities that con- front them in their diasporan context in Europe. The article also seeks to provide some missiological insights to the European Church in its mission engagement to Africans, both inside and outside of the Church community.

M. Nausner, Alla luce di Lampedusa. Una riflessione teologica sulle frontiere europee

Questo articolo parte dal presupposto che l’isola di Lampedusa sia il centro simbolico europeo, come punto di partenza per riflettere sul significato teologico delle dinamiche di confine dell’Europa meridionale al momento attuale. Esso parte da una riflessione sul potenziale epistemologico dell’analisi dei confini post-coloniali, poi contestualizza la questione dell’eredità coloniale della Germania, e infine enfatizza l’importanza dell’analisi di confine per una teologia che voglia essere autenticamente interculturale.

M. Nausner, In the Light of Lampedusa. Theological Reflections on European Border Dynamics

This article takes the claim that the Mediterranean island Lampedusa is Europe’s symbolic center as starting point to reflect on the theological significance of current southern European border dynamics. It does this first by reflecting on the epistemological potential of postcolonial border analysis, secondly by contextualizing the question in the German colonial legacy, and thirdly by emphasizing the importance of border analysis for a theology that wants to be truly intercultural.

L. Redalié, Piste bibliche per una teologia interculturale

Nell’AT la definizione dello straniero dipende dal modo nel quale Israele esprime la sua identità. Due sono i modelli, il modello genealogico secondo l’appartenenza a una delle dodici tribù e il modello vocazionale, spesso rappresentato dal profeta, secondo il quale si tratta di aderire a un progetto comune fedele al Dio del Patto. Teoricamente, anche lo straniero potrebbe aderire a tale progetto. Nel NT la questione dello «straniero» non viene trattata in quanto tale. L’uso della terminologia relativa allo «straniero» serve a esprimere la condizione cristiana nel mondo. Lo straniero non è il pagano, bensì Gesù e il discepolo. E questo porta a qualcosa come una doppia cittadinanza di pellegrini e forestieri nel mondo, che si può leggere attraverso vari testi (Fil. 3,20; I Pie. 2,11; Ebr. 11,13-16; Ef. 2,19 ecc.). La trasformazione vissuta da Israele dall’Esodo all’itinerario sembra una pista biblica feconda per una lettura interculturale. Più che declinare la propria appartenenza genealogica, etnica, nazionale, religiosa, raccontare il proprio itinerario come espressione della propria identità e confessione di fede (Deut. 26,5 ss.) permette di condividere dei percorsi significativi che si incrociano.

L. Redalié, Biblical Hints for Intercultural Theology

In the Old Testament, the definition of the alien depends on the way in which Israel expresses its identity. There are two models, the genealogical model based on belonging to one of the twelve tribes and the vocational model – often represented by the prophet – which is based on complying with a communal plan which is faithful to the God of the Covenant. In theory, also the alien might comply with this covenant. In the New Testament, the question of the «alien» as such is not treated. The terminology related to the «alien» is used to signify the condition of the Christian in the world. «Alien» does not mean «heathen» – it means Jesus and his disciple. This brings about something like a double citizenship of pilgrims and aliens in the world, which can be read through various texts (Phil 3,20; 1 Peter 2,11; Heb 11,13-15; Eph 2,19 etc.). The transformation lived by Israel from the experience of exodus to that of an itinerary seems to be a fertile trail for an intercultural reading. Rather than stating one’s belonging to a genealogical, ethnic, religious group, recounting one’s itinerary as an expression of one’s identity and confession of faith (Deut 26, 5 ff) enables one to share significant roads which intertwine.

E.D. Newell, Istanze etiche africane e l’interpretazione del Nuovo Testamento. Le beatitudini del Sermone sul Monte (Mt. 5) e i proverbi africani

L’articolo propone una lettura delle beatitudini di Mt. 5 alla luce dei prover- bi africani considerati «serbatoio di esperienze accumulate che sono sopravvissute alla prova del tempo» e fonte della «comprensione etica africana». L’insegnamento etico di Gesù è ricevuto come un approfondimento della riflessione africana espressa attraverso questi proverbi che sono «l’olio di palma con cui si mangiano le parole». Questa prossimità tra etica biblica e norme etiche africa- ne tradizionali è, secondo l’Autore, uno dei motivi della grande espansione del cristianesimo in Africa ancora oggi.

E.D. Newell, African Ethical Issues and the Interpretation of the New Testament. The Beatitudes of Mt 5 and African Proverbs

The article offers a reading of the Beatitudes of Matt 5 in the light of Afri- can proverbs considered as «a reservoir of accumulated experiences which ha- ve survived the tests of time» and the source of the «African ethical comprehension». Jesus’ ethical teaching is received like a deeper African reflection carried out through these proverbs which are «the palm oil with which words are eaten». This proximity of biblical ethics and traditional African ethical norms is, according to the Author, one of the reasons of the great expansion of Christianity in Africa even today.

C. Lanoir, Quale didattica per una formazione teologica interculturale?

Partendo dall’esperienza biennale del «Percorso di Formazione Interculturale per Predicatori Locali» (PFIPL) deciso dal Sinodo delle chiese valdesi e metodiste del 2009, l’articolo riflette su questo tentativo molto concreto di tenere conto della dimensione interculturale della formazione alla responsabilità ecclesiale, resa necessaria dalla presenza crescente di membri di chiesa dalle origini geografiche e culturali diverse. Sono indicati alcuni nodi fecondi di tensioni e di speranza, per un approfondimento non solo della riflessione didattica ma anche per rinforzare il progetto di formazione. Si tratta di elaborare un sapere e un saper fare condivisi nel rispetto di una grande diversità di rappresentazioni e di esperienze vissute. Affrontare temi e situazioni dove la diversità cultura- le può diventare spesso incomprensione e conflitto, come l’esercizio dell’autorità del leader, l’organizzazione della comunità, la presa di decisione, le norme etiche e la loro relazione alla Bibbia come fonte di verità.

C. Lanoir, Which didactics for a Theological Intercultural Education?

Starting from the biennial experience of the «Intercultural Training Course for Local Preachers» (PFIPL) deliberated by the Synod of the Waldensian and Methodist Churches in 2009, the article reflects on this very concrete attempt at taking into account the intercultural dimension in the training of people with ecclesial responsibilities, which was made necessary by the growing number of church members of different geographical and cultural origin. Some aspects, rich in tension and in hope, are highlighted, in view of a deeper didactical reflection and also to strengthen the training project. It is a question of creating a knowledge and know-how which can be shared, with due respect to the great diversities of representations and experiences of life. This means confronting themes and situations where cultural diversity can give vent to misunderstandings and conflict, such as the authority of the leader, the organization of the community, decision making, ethical norms and their relationship with the Bible as source of truth.

L. Redalié, Variabili culturali: comunicazione e conflitti in un contesto interculturale

La comunicazione interculturale è utile a favorire il confronto tra persone di culture diverse e a permettere il raggiungimento di scopi comuni; per questo l’abbiamo utilizzata per promuovere la partecipazione attiva alla Formazione PFIPL da parte dei tutor. La comunicazione interculturale passa attraverso tre fasi: la consapevolezza che esistono diversi schemi mentali originati da cultura ed esperienza, la conoscenza di altre culture attraverso le «variabili culturali» e l’abili- tà di comunicare. In questo articolo presentiamo alcuni spunti teorico-pratici proposti nella formazione PFIPL per facilitare il lavoro dei tutor, tecniche specifiche di colloquio con persone migranti e una panoramica su alcune variabili culturali, cioè sugli “ingredienti” che compongono una cultura, come per esempio i concetti di spazio, tempo, potere, regole, relazione ai gruppi.

L. Redalié, Which didactics for a Theological Intercultural Education?

Intercultural communication is useful for the encouragement of dialogue between people of different cultures and can enable them to reach common goals; that is why we used it to promote active participation of the tutor in the PFI- PL training course. Intercultural communication goes through three stages: the awareness that there are different mental patterns, created by culture and experience, the knowledge of other cultures through «cultural variables» and the ability to communicate. In this article we offer a few theoretical-practical ideas which were suggested in the PFIPL Training Course to make the tutor’s work easier, some specific techniques of dialogue with migrants and an outlook on so- me cultural variables, that is on the “ingredients” which make up a culture, such as for instance the concepts of space, time, power, rules and relating to groups.

J. Terino, Insieme per essere chiesa: il cammino verso l’integrità della fede

La scelta di camminare insieme per essere chiesa riconosce una realtà solo in apparenza multiculturale. L’empowerment politico, più che celebrativo, colmerà i vuoti generazionali. L’evangelo mette fine a superiorità ermeneutica nei conflitti tra concezioni del mondo, per rispondere alle percezioni di declino morale e spirituale delle chiese europee e per evitare l’enclave monoculturale che difenda la prefigurazione del mondo contro il mondo. Manca ancora trasparenza nel confronto democratico, nelle assemblee e nello studio biblico comune condotto dal pastore, il cui ruolo è oggi in crisi. Essenziale una formazione catechetica italiana. Il disincanto tradisce una schizofrenia storica della chiesa italiana. Il patto d’integrazione comporta rischi, ma il criterio ecclesiologico riformato impedirà che si scivoli nel caos del pragmatismo.

J. Terino, Together to be Church: the Path to the Integrity of Faith

The choice of being church by walking together acknowledges that our reality is only apparently multicultural. Political rather than celebrative empowerment will fill the generation gaps. The Gospel puts an end to hermeneutical superiority in world view clashes, while responding to perceptions of moral and spiritual decline in European churches, to avoid a monocultural enclave defending a world preview against the world. Transparency in democratic confrontation is still lacking both in the assemblies and in joint Bible studies led by pastors, whose role is undergoing a crisis. An Italian catechetical training is essential. This disenchantment reveals an historic schizophrenia on the part of the Italian church. The integration pact involoves some risks, but the Reformed ecclesiological criterion will prevent us from sliding into pragmatic chaos.